La sera del Venerdì Santo a Colfiorito di Foligno

Colfiorito_Bettoni_Orizzonti della Marca

Tra storia, cultura e tradizioni.

Sul periodico camerte Orizzonti della Marca, la testimonianza-racconto di uno storico con radici colfioritane, Fabio Bettoni.

Ancora oggi a Colfiorito, così come in altri paesi degli Altipiani di Plestia, in occasione di alcune festività religiose si svolgono processioni che hanno origini piuttosto antiche; la più caratterizzata tra queste è la Processione del Cristo Morto. Colgo l’occasione di questa breve nota, per scrivere di una tradizione che riguarda la mia famiglia e che “rivelo” per la prima volta. La madre di mia madre si chiamava Olga Ricci, figlia di Domenico di Cupigliolo e di Carolina Ferri di Colfiorito. Nata a Colfiorito nel 1897, mia nonna, all’inizio del Novecento, scendeva in Foligno con tutta la numerosa famiglia Ricci-Ferri, a cercare miglior fortuna. Tanto Olga, quanto Vittoria sua figlia e mia madre, rimasero sempre ancorate al paese, ove mantennero legami parentali saldissimi (Rosa Ricci, la zì’ Rosina, la sorella maggiore di Olga, sposò Quinto Cellini, e lì vissero con i propri figli), come saldissimi restano i miei e quelli di mio fratello Roberto con i figli dei figli di Rosa. Ebbene, un giorno, nonna Olga raccontò che a promuovere nel 1870 il ripristino della Processione del Cristo Morto era stato Andrea Ferri di Sante, padre di Carolina, nonno di Olga: insomma, uno dei miei trisavoli. Qualche tempo dopo, andammo a Colfiorito la sera di un Venerdì Santo. Nonna vide “passare” la processione con vera, rinnovata emozione.

foto di Alessio Vissani - Venerdì santo a Colfiorito di Foligno PG
Una suggestiva immagine tratta dal reportage fotografico di Alessio Vissani: https://alessiovissani.com/portfolio/venerdi-santo-a-colfiorito/#projectgallery

Confermò che l’evento si stava riproponendo nelle modalità a lei note. La processione si snodò per le oscurate vie di Colfiorito ed era aperta dai penitenti, una ventina di uomini vestiti di sacco, incappucciati e scalzi, che trascinavano lunghe catene di ferro e recavano sulle spalle croci in legno di quercia, di peso variabile a seconda della capacità fisica del penitente. La sequenza era intercalata da dieci crociferi, portatori di grandi croci cave, ricoperte di carta colorata e, all’interno, illuminate da candele. Seguivano dodici bambine, biancovestite, recanti gli strumenti della passione nelle loro mani. Preceduto dal clero, comparve poi, sorretto da quattro devoti, il cataletto con il Cristo morto, affiancato da un soldato a cavallo, con la lancia puntata verso il Cristo, detto Giuda, vale a dire giudeo, secondo un possibile retaggio dei misteri che forse anticamente erano rappresentati nella processione. (Osservo che, nonostante gli sforzi della Chiesa cattolica di cancellare – a datare dal Concilio Vaticano II – le moltissime ombre antisemite che ne hanno oscurato il cammino, il passato si fa tradizione e le sue inerzie diventano incancellabili!) Seguiva il gruppo maschile di cantori che intonava il Miserere mei Deus (Salmo 50) a più voci, alternandosi con il coro femminile, composto (come d’obbligo) di sole ragazze non sposate, le quali cantavano il monodico Stabat Mater di fra Jacopone da Todi. Infine, apparve il simulacro dell’Addolorata, sostenuto in spalla da quattro giovani.

Don Mario Sensi, storico insigne ben noto ai Camerinesi, per molti anni parroco di Colfiorito (dal 1963), ha lasciato varie memorie sul rituale; in un testo del 1998, leggo: l’evento «segue uno schema coniato nell’ultimo quarto dell’Ottocento e sostanzialmente mai più rivisitato: non un corteo storico, ma una processione penitenziale, uno dei riti più belli e caratteristici dell’Umbria». Esso rimanda «alla tipologia del funerale e al corteo che inizialmente si teneva in chiesa dopo il rito della deposizione di Cristo dalla Croce, detto schiavellazione, in quanto l’azione paraliturgica iniziava con l’estrazione dei tre chiodi. Mentre i misteri rimandano alle sacre rappresentazioni. La processione fu riesumata alla fine dell’Ottocento, ma, come risulta da documenti notarili, l’origine di questa processione risale al Medioevo: di certo agli inizi del Quattrocento la si celebrava nel vicino santuario di Plestia, dove si lucrava pure un’ampia indulgenza»; finché nel 1539 Paolo III proibì questa paraliturgia investendo insieme a Colfiorito tutte le località della cattolicità che avevano la consuetudine di effettuarla. Una volta ripristinata, scrive ancora Sensi, la processione «non è stata mai interrotta, neppure quando, durante l’ultimo conflitto mondiale, c’era penuria di uomini validi. Le mogli si sentirono allora in dovere di sostituire i loro mariti, richiamati alle armi, fungendo chi da penitente, chi da crocifero, chi da porta-cataletto. Fattore di aggregazione, ma soprattutto una suggestiva cerimonia dal profondo messaggio religioso. I simboli della passione: mano, dadi, chiodi, tenaglie, martello, spugna, Veronica, calice ecc. (un indice puntato: chi ha colpito, chi ha tradito, chi ha crocefisso, etc. sei stato tu) e la visione del cadavere di Gesù e della disperazione della Madre, la cui statua segue il feretro, conducono il fedele a meditare sulle proprie responsabilità e far penitenza dei propri peccati”.

Da molti lustri, l’etnomusicologia italiana si occupa del Miserere e dello Stabat Mater di Colfiorito. Un esponente primario di quella Disciplina a livello nazionale è il compositore folignate Pier Giuseppe Arcangeli (il mio amico Dante Santoni1 mi ha confermato che i Colfioritani hanno tuttora un punto di riferimento imprescindibile nel professore). Arcangeli (al quale mi lega un’antica amicizia) ha dedicato analisi storico-critiche fondamentali al repertorio processionale. Ho sotto gli occhi un suo testo del 1990 nel quale, del Miserere nota la «grande suggestione culturale»; e, quanto allo Stabat Mater, ne rileva un «impianto arcaico, pur essendo dotato di una originalità espressiva decisamente minore, per motivi da ricercare nelle modalità della sua trasmissione tradizionale, ma certo almeno in parte anche per effetto di un’interdizione che deve aver pesato non poco, per quasi due secoli, sulla componente femminile della processione”. Lo Stabat, interdetto dal Concilio di Trento, fu riammesso (1737) ufficialmente nella liturgia da Benedetto XIII. A partire dal 1984, il repertorio polivocale di Colfiorito ha trovato una sua proiezione internazionale che si è consolidata via via. Si veda in proposito la raccolta (1987) Canti liturgici di tradizione orale a cura di P. G. Arcangeli et Alii, riproposta nel 2011 dalle Edizioni Nota-Valter Colle di Udine.

  1. [NdR] La testimonianza di Dante Santoni, con una strofa dello Stabat mater cantato da Federica Santoni nel video curato dall’Associazione GMP GAIA Aps di San Venanzo (TR): https://www.youtube.com/live/acsZJFvHkaM?si=3VfIUbd1C5OeRXhd ↩︎

Atti del Ragguaglio accademico 2019

CULTURA E CULTURE NEL SETTECENTO DI ALESSANDRO BARNABÒ (1715-1779)

Pubblicato il Supplemento n. 20 del Bollettino Storico della Città di Foligno con gli Atti del Ragguaglio accademico del 2019.

Il volume, pubblicato dall’Accademia Fulginia, è stato curato da Paola Tedeschi con la prefazione di Fabio Bettoni.

CULTURA E CULTURE NEL SETTECENTO DI ALESSANDRO BARNABÒ (1715-1779) - Copertina

L’indice della pubblicazione

FABIO BETTONI, Prefazione. Una proposta di ricerca

PAOLA TEDESCHI, Introduzione

GABRIELE METELLI, I Barnabò. Un casato nobiliare nel modulo oligarchico folignate

BRUNO MARINELLI, Alessandro Barnabò (1715-1779). Appunti per una biografia

FABIO BETTONI, ELENA LAURETI, Alessandro Barnabò letterato e poeta

Appendice I – Note prosopografiche. Una selezione
Appendice II – Da Foligno per la Repubblica letteraria degli Umbri. Soci al 1762
Appendice III – Foligno e Giuseppe II (1769)

ELENA LAURETI, Serti poetici

PAOLA TEDESCHI, Le carte Barnabò e le carte di Alessandro Barnabò

ANNA MARIA RODANTE, Alessandro Barnabò, cultore di araldica

LUCIANO PIERMARINI, Due segni dei Barnabò nella città e nel territorio di Foligno

LUCIA BERTOGLIO, EMANUELA CECCONELLI, Palazzo Monaldi Barnabò

Appendice I – Residenze Barnabò entro la cinta muraria di Foligno
Appendice II – Oratorio di Palazzo Monaldi Barnabò
Appendice III – Oratorio Barnabò della Tenuta del Palombaro
Appendice IV – Descrizioni del Palazzo
Appendice V – Gli affreschi quattrocenteschi

ATTILIO TURRIONI, Sintesi conclusiva

Album fotografico

Recensioni

Maurizio Coccia in Gazzetta di Foligno, 8 settembre 2024

Maurizio Coccia in Foligno, Bollettino della Pro Foligno, Accademia Fulginia Notizie

Secondo ragguaglio accademico

La Società letteraria degli Umbri 18 marzo 2024_testata

La Società Letteraria degli Umbri in Foligno (1760-1779)

Secondo Ragguaglio Accademico del ciclo
Cultura e culture nel Settecento di Alessandro Barnabò (1715-1779)

Considerati i notevoli risultati acquisiti dalla nostra Accademia Fulginia con il Primo Ragguaglio del 16 novembre 2019, il Secondo incontro mira a sviluppare le potenzialità conoscitive racchiuse nell’Album Sodalium contenuto negli Acta Reipublicae Litterariae Umbrorum, Foligno, Fofi, 1762. Questo assunto si chiarirà scorrendo i titoli che seguono.

Inoltre, rispondendo alle ripetute sollecitazioni ministeriali, la proposta si prefigge lo scopo di allargare la partecipazione all’Università e a quelle realtà umbre come Perugia, Assisi, Todi e Spoleto nelle quali il portato accademico settecentesco fu più rilevante.

D’altro canto, occorreva mantenere il legame con la figura di Alessandro Barnabò che è stata il punto di partenza della nostra riflessione, determinando così un raccordo stretto e puntuale con la precedente iniziativa del 2019.

Al mattino:

Coordina Piero Lai Accademia Fulginia

Fabio Bettoni, Accademia Fulginia
Questo secondo Ragguaglio

Filippo Maria Troiani, Università degli Studi di Perugia,
Letterati e città nell’Umbria del Settecento

Elena Laureti, Accademia Fulginia,
Alessandro Barnabò arcade

Maurizio Coccia, Accademia Fulginia,
L’Album Sodalium della Società Letteraria degli Umbri

Luigi Sensi, Accademia Fulginia,
L’antiquaria nell’Umbria del Settecento

 Al pomeriggio:

Coordina Paola Tedeschi Accademia Fulginia

Rita Chiacchella, Università degli Studi di Perugia,
Letterati di Perugia nella Società Letteraria degli Umbri

Chiara Coletti, Università degli Studi di Perugia,
Letterati di Assisi nella Società Letteraria degli Umbri

Filippo Orsini, Archivio Storico Comunale di Todi,
Letterati di Todi nella Società Letteraria degli Umbri

Liana di Marco, Accademia Spoletina,
Letterati di Spoleto nella Società Letteraria degli Umbri

Saluto conclusivo
Mario Squadroni, Deputazione di Storia Patria per l’Umbria

Scopoli

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Secondo appuntamento per le iniziative che anticipano la XIII edizione di Festa di Scienza e Filosofia con il ciclo di conferenze organizzate nelle località della Valle Umbra.

L’incontro dal titolo “Scopoli” sarà dedicato alla frazione folignate e al suo patrimonio storico-artistico.

Interverranno lo storico dell’economia Fabio Bettoni, l’archeologa Maria Romana Picuti e lastorica dell’arte Emanuela Cecconelli, con l’introduzione della dottoressa Annamaria Menichelli.

Uno sguardo sul paesaggio

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Presentazione del volume

il secondo de “I Quaderni della Rocca”,

presso la Sala Eugenio IV della Rocca Albornoz – Museo Nazionale del Ducato di Spoleto.

Per l’occasione, insieme all’autore del testo Maurizio Coccia, saranno presenti
Costantino D’Orazio, Direttore dei Musei Nazionali di Perugia e Regionali dell’Umbria,
Paola Mercurelli Salari, Direttrice del Museo nazionale del Ducato di Spoleto e
Fabio Bettoni, Professore di storia economica dell’Università di Perugia.

Nella foto di copertina (by Michelangelo Augusto Spadoni) il tavolo dei relatori: (da sin.) Fabio Bettoni, Maurizio Coccia, Paola Mercurelli Salari, Costantino D’Orazio.

Vittoria Del Furia

Fabio e Roberto Bettoni hanno informato parenti, amici e conoscenti che il 24 agosto 2023, passato il secolo di vita, è morta la loro madre Vittoria Del Furia.

Vittoria Del Furia

Il Presidente, il Magistero e il Corpo accademico della Fulginia sono vicini al professor Fabio Bettoni, socio ordinario, già presidente dell’Accademia, nel momento del lutto per la dolorosa perdita della cara mamma.

Dal rosso al nero / Fabio Bettoni

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Causa maltempo,
l’evento è spostato
presso il Circolo Arci Subasio,
Via E. Orfini (Prato Smeraldo),
sempre alle 17.00.

Venerdì 30 giugno,
a Foligno, presso Piazza Sandro Pertini (ex-stazione autobus), alle ore 17,
presentazione del libro
DAL ROSSO AL NERO.
Nascita e avvento del fascismo a Foligno (1920-1923)
,
editore Il Formichiere (2023).

Saranno presenti con Fausto Gentili (“SediciGiugno“), coordinatore dell’evento, Maurizio Coccia (Accademia Fulginia), Rita Zampolini, (L’Officina della Memoria) e l’autore, lo storico Fabio Bettoni.

I promotori

L’iniziativa è promossa e organizzata dal mensile SediciGiugno, nell’ambito dell’annuale festa del periodico, in collaborazione con l’editore Il Formichiere, con il patrocinio dell’Accademia Fulginea e dell’Officina della Memoria.

Il libro

Si tratta della pubblicazione in volume delle “corrispondenze dal XX secolo” già apparse su Sedicigiugno, tra il novembre del 2020 e il marzo 2023.
Tale raccolta segna un ulteriore passo nel rigoroso lavoro di scavo che Fabio Bettoni realizza, da tempo, nella storia contemporanea della città. Selezionando, segnalo: la cura di Foligno e il Risorgimento. Documenti, memorie, ricerche, Edizioni Orfini Numeister, 2012; il rilevante contributo al convegno Capire Faloci promosso nel 2011 dalla “Gazzetta di Foligno” (Atti pubblicati nel 2016), cui si interfaccia Domenico Roncalli Benedetti. Una vita, trepidante (e militante) memoria vergata tra il 1912 e il 1913 dalla vedova Aleandra Bartolomei e rimasta inedita per giusto un secolo fino alla pubblicazione nel 2013 per conto de l’Officina della memoria e de Il Formichiere; l’imponente lavoro di ricerca guidato per l’Officina della memoria sul centenario della Grande Guerra nel quadro del progetto Lontano dal fronte, transitato per la mostra documentaria del 2015 corredata da un prezioso quaderno illustrativo (Lontano dal fronte. Foligno e la Grande Guerra), e approdato infine al monumentale volume in due tomi Foligno e la Grande Guerra. Economia, società, istituzioni lontano dal fronte (pubblicati entrambi, quaderno e volume, da l’Officina della memoria e Il Formichiere, rispettivamente nel 2015 e 2017).
Si tratta di una tela coerente in cui fatti e interpretazioni si integrano criticamente. Nel senso che le interpretazioni orientano la ricerca dei fatti, e che la mole dei fatti irrompe sulle interpretazioni: legittimandole, suggerendo messe a punto, talvolta dirimendo (a partire dalla misura della dimensione locale) questioni storiografiche di ampio respiro e non risolte querelle. Così fu per l’emersione di un Risorgimento popolare e interclassista, così per il passaggio d’epoca rappresentato dalla Grande Guerra, così è ora per la categoria di guerra civile applicata al drammatico primo dopoguerra. Una guerra civile è infatti, evidenziata qui nelle sue ricadute locali, quella che attraversa il Paese tra il 1919 e il 1923. Guerra impari se mai ve ne furono. (Fausto Gentili)

La copertina

Opera di Antonio CocciaNella guerra del Capitale contro il Lavoro salariato, il fascismo prevale sul proletariato, xilografia su legno di filo, stampata con torchio tipografico a pressione verticale nello studio dell’autore dell’opera.

Diario della guerra partigiana di Luciano Formica

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Venerdì 16 giugno,
a Foligno, nella Sala Video-Auditorium San Domenico, alle ore 17,
presentazione del libro
“IL 20 SETTEMBRE PRESI LA VIA DELLA MONTAGNA…”
Diario della guerra partigiana di Luciano Formica, il comandante “Sandro”
,
editore Il Formichiere (maggio 2023).

Saranno presenti il giornalista Tiziano Bertini che ha curato l’edizione, lo storico Fabio Bettoni autore della postfazione, Rita Zampolini, presidente dell’Officina della Memoria, il giornalista Roberto Testa per l’Anpi di Foligno. Coordina Daniela Riganelli, della redazione del mensile SediciGiugno.

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I promotori

L’iniziativa è promossa e organizzata dall’Anpi di Foligno sezione “Franco Ciri” e dal mensile SediciGiugno, con il patrocinio dell’Accademia Fulginea, dell’Officina della Memoria e del Comune di Foligno, in occasione del 79esimo anniversario della liberazione della città Foligno dal nazi-fascismo.  

Diario inedito

Nel libro è pubblicato il racconto dei dieci mesi di guerra partigiana di Luciano Formica (Spello 1924-Perugia 1987), il comandante “Sandro” del Distaccamento “Matteotti”, unità del Battaglione “Angelo Morlupo”, IV Brigata Garibaldi di Foligno. Nel diario, scritto dall’autore nell’agosto del 1944 e rimasto finora inedito, il protagonista racconta gli eventi dei suoi dieci mesi di guerra, vissuti in un’area prevalentemente montana compresa nei territori di Spello, Foligno e dell’Appennino umbro-marchigiano. Lo stile narrativo è efficace e appassionato. I tratti di ironia che spuntano qua e là sostengono il racconto di una vicenda drammatica, vissuta in un periodo storico terribile e che per molti giovani di 80 anni fa, quelli che scelsero la lotta di Liberazione, rappresentò la chiusura definitiva con il ventennio fascista./

Primi d’Italia… da leggere!

Primi_2022

In occasione dell’edizione 2022 dei Primi d’Italia/Festival Nazionale dei Primi Piatti, organizzata a Foligno dal 29 settembre al 2 ottobre.

Proponiamo di leggere un bel libro nel quale grani, semole, paste e pastai sono protagonisti a tutto tondo: Maccaroni vermicelli e tagliolini. Paste alimentari a Foligno tra Seicento e Novecento, di cui sono autori i nostri accademici Fabio Bettoni e Bruno Marinelli. Il libro, pubblicato nel 2019, è stato distribuito dall’Editore “Il Formichiere” di Marcello Cingolani, e comincia così:

Che la pasta alimentare fosse conosciuta e consumata in Foligno e dintorni già nel Cinquecento, lo testimoniano tracce documentarie sporadiche ma significative, come il nome, o soprannome, di «maccarone» che portano il padre di Pierdonato di Trevi, il figlio del defunto Pierangelo del villaggio di Fondi tra i monti di Foligno, il nonno di Piergentile di Sebastiano di Bevagna ed il locandiere Simone di Matteo Trabalsochi del villaggio di Valle; la «cocchiara da maccaroni», presente nell’inventario dei beni ereditari di un altro locandiere, Sante alias Guercio di Bernardino, e di quelli del nobile Celio Nuti; e, forse, la «ratta cascio» o «gratta cascio», che figura tra i beni relitti da Lauro Barbati, fratello del celebre poeta Petronio e suocero dell’altrettanto famoso poeta Vincenzo Jacobilli, e tra quelli reperiti in casa del sacerdote Marchesio Orfini. Ed altrettanto familiare doveva essere, quantomeno nella nobile famiglia Rossi, il tipo particolare di pasta nota come «vermicelli», giacché i fratelli Cristiano, Carlo e Francesco Rossi possedevano in comune alcune case e botteghe in Roma nei pressi di piazza del Popolo, due delle quali condotte in locazione proprio da vermicellari.

Il logo della manifestazione folignate

Maccheroni, lasagne e tagliolini figurano nel tariffario dei generi in vendita nelle botteghe dei pizzicagnoli folignati solo nel 1644 (ma non è da escludersi che vi fossero notificazioni precedenti), e, per avere notizia di una prima bottega nostrana in cui la pasta venisse prodotta meccanicamente e posta in vendita, bisogna attendere il 1648. Questo libro vuole fornire un primo approccio d’insieme, e, muovendo appunto dal ’48, si spinge fino agli anni Trenta del Novecento, con ciò attraversando la lunga fase di transizione dalla bottega artigiana, ove produzione e vendita delle paste si combinavano tra loro, alla fabbrica industriale della Ditta Fratelli Pambuffetti della quale facciamo conoscere il profilo al 1938, anno nel quale poteva dirsi concluso il processo di adeguamento alle nuove tecniche produttive e alle relative tecnologie. Duecentonovanta anni di storia filtrati dai profili biografici di una quarantina di pastai, delineati nei contesti famigliari loro, e relativi contorni sociali.

pp. 11-13