2. L’Accademia Fulginia per Napoleone

Se gli Accademici Fulginei stessero muti, “pensando all’ultima ora dell’uom fatale”, lo ignoriamo. Piccola città di mercanti, commercianti e bottegai, Foligno, a parer nostro, se ne stette per i fatti propri. Ed anche la nostra Accademia Fulginia non dette segni di particolari emozioni. Almeno apparentemente. Va detto, peraltro, che le fibrillazioni carbonare del ’21 furono acute anche tra Umbria (ove l’Unione Patriottica per lo Stato Romano, emanazione della Carboneria mise base in Spoleto per avviare un movimento cospirativo) e Marche e investirono pure Foligno; peraltro il 26 novembre il papa prendeva provvedimenti “contro la Società così detta de’ Carbonari, ed altre vigenti” aprendo una fase di sorveglianza assai accentuata sull’attività settaria, con ondate persecutorie ripetute. Così, il destino finale dell’Uom Fatale non poteva occupare il sommo dei pensieri negli antenati nostri.      Comunque a ripercorrere l’andamento accademico del ’21, ricorderemo che il 28 gennaio i Fulginei avevano iniziato l’anno sociale nella Sala del Palazzo Priorale, con una dissertazione di Anton Maria Negri, barnabita di stanza nel Collegio di San Carlo (accademico Fulgineo dal 1816, avrebbe raggiunto ruoli chiave ai vertici del suo Ordine), dedicata ad illustrare San Feliciano protettore di Foligno: non propriamente un argomento nuovo, né napoléonique! L’avrebbero concluso, l’anno, il 18 novembre con una solennissima commemorazione, affidata all’accademico don Giuseppe Bellini, professore di Retorica, incentrata sulla figura di don Antonio Bernardini appena passato all’altro mondo.

Leggi la scheda relativa a Don Antonio Bernardini (1772-1821)

Ben diversa era stata la sorte di un altro accademico, prete fedele all’Impero: don Giustiniano Poggi (1740-1814). Membro della Fulginia dal 1760, censore (1771), componente del Collegio dei XII Viri Academiae Fulginiae Conservandae (1795; 1810), era assurto al vertice del Sodalizio  (prencipe) nel 1810. Anno nel quale l’attività fulginea era iniziata il 20 aprile con una dissertazione su La morte di Cristo, dovuta all’ispirata oratoria di Baldassarre Bini presidente del tribunale di Prima Istanza; attività poi virata verso altri lidi. Talché il 20 luglio, disserì Francesco Pizzoni, segretario dell’Accademia, sul tema Omnis in ferro est salus, cui fecero da contorno due componimenti poetici del censore accademico Giuseppe Filippini: un’elegia, e il seguente paradigmatico sonetto su La spada trionfante del secolo.

L’anno si chiuse il 21 dicembre con la dissertazione dedicata a La battaglia di Austerlitz. Il conferenziere fu Benedetto De Bonis: segretario del vice-prefetto di Foligno Jean Canali; originario di Roma, l’oratore era stato aggregato al Sodalizio nel 1809, ed ora era membro del Collegio dei XII Viri Academiae Fulginiae Conservandae, nonché censore. L’aggregazione di De Bonis era stata una scelta “politica” evidente, congiunta a quella che aveva aperto i battenti della Fulginia a Canali e De Guzman; Canali, peraltro, proprio nel 1809 (29 ottobre), anno del suo ingresso in Foligno (giugno), aveva relazionato su Gli eroi nella storia, una memoria non pervenuta fino a noi della quale non è da dubitare un’intenzionale tonalità napoleonica. In questo contesto, nel 1810, il giuramento di fedeltà: dei sacerdoti Poggi, Bernardini, Marcelli (di lui presto si dirà), e di altri, non pochi ecclesiastici della Diocesi. Poggi era sicuramente tra i prelati più ragguardevoli: patrizio di Foligno, dottore in utroque iure, professore di Filosofia in seminario, era canonico arciprete della Cattedrale, pro-vicario generale di un vescovo destituito (Marcantonio Moscardini) e di una Diocesi soppressa e inglobata in quella di Spoleto (5 agosto 1810). La restaurazione del potere temporale del papa comportò la rovina dell’Arciprete: costretto a ritrattare, fu sottoposto con una corda al collo ad un umiliante, pubblico ludibrio nella chiesa cattedrale di San Feliciano. Ne morì di lì a poco: così si disse.
Indenne da oltraggiosa repressione uscì don Antonio Marcelli.

Leggi la scheda relativa a Don Antonio Marcelli (1759-1835)

Nessun contraccolpo subirono dalla rovinosa caduta napoleonica del 1814, quattro accademici assai in vista: il patrizio Mariano Casavecchia, il marchese e patrizio Giuseppe Barugi, i cittadini Francesco Pizzoni e Giuseppe Filippini. (Feliciano Scarpellini, stando in Roma, subì qualche lieve contraccolpo ma ben presto si riprese, come sappiamo dal contributo scritto su di lui da Paolo Maffei, per il primo numero del “Bollettino Storico della Città di Foligno”, 1969).

Leggi la scheda relativa a Mariano Casavecchia (1759-1825)

Leggi la scheda relativa a Giuseppe Barugi (1771-1849)

Leggi la scheda relativa a Francesco Pizzoni (1762-1830)

Leggi la scheda relativa a Giuseppe Filippini (1778-1859)

Molto diverso il destino di Filippo Cappellini (1793-1859). Era nato in Foligno il 19 giugno 1793 da famiglia originaria del villaggio collinare di Strada di Colle, sulla via di Loreto, che nel 1811, mediante Stefano, il fratello maggiore del Nostro, figurava nella Liste de Cent plus fort Contribuables de la Commune de Foligno; al 1828, insieme ai fratelli Stefano, Gabriele e Giuseppe risultava ascritto all’Albo delle Famiglie Nobbili, di Cittadinanza, ossia secondo Ceto, entrato in seminario all’età di sedici anni, abbandonò in seguito la strada del presbiterato. Nel 1809 veniva aggregato alla Fulginia, nel 1815 entrava a far parte del Collegio dei XII Viri Academiae Fulginiae Conservandae, con Viviano Orfini prencipe accademico. Via via maturò convincimenti liberali, finché “si adoperò per la libertà e spese per essa buona parte del suo patrimonio” (così Michel, nel Dizionario del Risorgimento diretto dal Rosi). Deputato di Foligno al Comitato centrale della provincia di Perugia durante l’insurrezione del 1831, e Commissario di guerra della colonna mobile dei volontari di Foligno, combatté a Borghetto (nei pressi di Otricoli). Con la Restaurazione veniva incarcerato, poi gli si apriva la strada dell’esulato: in Corsica, in Francia (prima a Rhodes, poi a Tolosa), quindi in America Latina, senza più rivedere l’Italia (morì a Saguarno, Stato di Rio Grande, il 27 agosto 1859).

Parte Terza
Giovanni Tomassini, un tipografo tra Rivoluzione e Restaurazione

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