Tra i libri, in fraterna amicizia
Conobbi Mario Sensi nel 1960, io alunno della quarta ginnasiale nel Seminario Vescovile di Foligno, lui, già chierico, “prefetto” incaricato di seguire la mia classe scolastica. Ci incontrammo di nuovo al Seminario Regionale di Assisi, lui prossimo alla conclusione degli studi teologici e io ai primi passi nel triennio del liceo. Ci univa, con la comune origine dalla diocesi di Foligno, un convinto interesse alla cultura e una diligente applicazione per gli studi. Fu questo che forse lo colpì in me, tanto che egli mi coinvolse in un concorso promosso da una istituzione assisana che aveva come scopo favorire studi di storia del territorio. Il concorso, accanto agli studistorici in senso stretto, prevedeva anche un settore riservato agli elaborati di giovani delle scuole superiori. Ricordo che non ero molto convinto, ma Mario mi spinse, quasi costrinse, a impegnarmi e a produrre qualche paginetta, certamente non memorabile, sulla storia dell’abbazia benedettina al Subasio, se ben ricordo il tema che scegliemmo. Arrivai secondo nel concorso; Mario ovviamente vinse il concorso, diciamo, maggiore.

Iniziò così un rapporto fraterno tra noi, lui fratello maggiore per età e per esperienza di studi. Per ritrovare un incrocio tra noi sul terreno degli studi storici dovettero però passare diversi anni. Io, intanto, completavo i miei studi teologici per poi prendere la strada di quelli di scienze bibliche. Mario, ormai divenuto don Mario, non era però uscito dal mio orizzonte. Lo guardavo con ammirazione mentre, da parroco di Colfiorito, con passione, tenacia e intelligenza, si appropriava del dottorato in teologia e di quello in lettere e filosofia, senza far nulla mancare al ministero pastorale, ma arricchendolo di consapevolezza del senso della storia, e quindi dell’identità, delle nostre comunità.
Non ci siamo mai persi di vista e in me cresceva l’ammirazione verso questo fratello maggiore mentre anno dopo anno moltiplicava le sue pubblicazioni, con cui si ritagliava un posto di tutto rispetto nel consesso degli studiosi di storia della Chiesa. Una competenza che, in ambito ecclesiale, lo porterà alla cattedra nella Pontificia Università Lateranense e adivenire membro del Pontificio Comitato di Scienze Storiche.
Quel che mi colpiva nei suoi studi era non solo la non comune erudizione, frutto di lunghe permanenze negli archivi locali oltre che di approfondita conoscenza della letteratura specialistica, ma soprattutto l’attenzione che don Mario riservava a ambiti e forme minori – così si direbbe ad occhi umani – della religiosità: pellegrinaggi, piccoli santuari, figure di santità locali, immagini sacre devozionali, ecc.; insomma tutto quel mondo della pietà popolare che costituiva il tessuto portante delle comunità di fede di un tempo e il cui venir meno non è affatto segno di maturità dei nostri tempi, che, perdendo questi segni concreti di appartenenza,precipita verso la perdita delle identità.
Mi colpiva anche il fatto che, oltre alla produzione di studi personali e non poche volte innovativi, don Mario si dedicasse anche a rendere di nuovo fruibili le voci di quanti nel passato avevano speso le loro intelligenze a interpretare la storia e a mantenere viva la memoria di eventi e persone.
E in questo lavoro di reviviscenza del passato don Mario non mancava di farsi affiancare da altri. È accaduto anche con me. Avvenne nel 1994 con una pubblicazione, Vite dei santi e beati della Chiesa di Foligno, in cui, in occasione della nomina di Mons. Antonio Buoncristiani a Vescovo di Porto – Santa Rufina, furono, per così dire, riconsegnate alla conoscenza della diocesi antiche leggende e narrazioni di vite dei più importanti santi e beati del territorio. Don Mario insistette perché io lo affiancassi nell’opera, il mio contributo fu davvero poca cosa rispetto al suo lavoro – forse giusto i contenuti dell’introduzione, se ben ricordo –, volle però che figurassimo insieme come curatori dell’intera pubblicazione. Insomma, amicizia e fraternità nei fatti. Qualche anno dopo, nel 2001, toccò a me, per la mia nomina episcopale, ricevere in dono Vite de’ Santi e Beati di Foligno et di quelli, i corpi de’ quali si riposano in essa città, e sua diocesi, pubblicazione del 1628 dello Jacobilli, di cui don Mario curò l’edizione anastatica e in cui in post-fazione, assieme a contributi di altri amici, inserì una sua dotta ricostruzione della “Bibliografia di Lodovico Jacobilli (Roma 1598 – Foligno 1664)”.
Lasciando ad altri, più competenti di me, di esporre il cammino di ricerca storica di Mons. Sensi e il valore dei suoi studi, vorrei però richiamare un altro aspetto dell’attività editoriale di don Mario. L’esperto da tutti apprezzato di storia medievale era anche un figlio devoto della Chiesa, un prete che sentiva forte il legame con il presbiterio della sua diocesi, un prete che riconosceva la paternità del Vescovo e la onorava con gesti di affetto filiale.
Lo ha fatto verso tutti i Vescovi folignati e, anche in questo caso, mi volle più volte vicino a sé. Volle che scrivessi anch’io qualcosa nel volume del 2005 che titolò Siro Silvestri Vescovo. “Un solerte e santo pastore” (1913-1997), un’ampia documentazione del ministero pastorale del Vescovo della nostra adolescenza e giovinezza, che don Mario curò nel 50° anniversario dell’ordinazione episcopale. Lo stesso accadde alcuni anni dopo per la pubblicazione, sempre curata da don Mario, questa volta insieme a Lucia Bertoglio, di Ecclesiam suam diligere. In onore di S. E. mons. Gualtiero Sigismondi Vescovo di Foligno nel XXV della sua Ordinazione Sacerdotale (2011). Anche qui volle un mio contributo. Da ultimo mi coinvolse nell’editare la raccolta di scritti del Vescovo Mons. Giovanni Benedetti che uscì nel 2012 per i tipi della Libreria Editrice Vaticana con il titolo La Chiesa in un mondo che cambia, di cui mi chiese la revisione e poi un intervento come post-fazione. Non mancò poi una pubblicazione in onore di un altro Vescovo folignate dei nostri anni, Mons. Arduino Bertoldo, in cui don Mario si fece affiancare da Mons. Giuseppe Bertini.
Amore per i Vescovi di Foligno, ma anche volontà di non procedere da solo, sempre con qualcuno al fianco, a evitare ogni appropriazione e a evidenziare invece la condivisione. Perché questo è un altro aspetto che ho sempre riconosciuto in don Mario e che lo rendeva a tutti caro: la sua umiltà, il suo atteggiamento di servizio alla Chiesa, la sua ricerca di dare evidenza alle tracce di bene seminate nella storia.
Vorrei chiudere queste parole di caro ricordo con un altro ambito di incontro che ho condiviso con don Mario, in cui le nostre due firme non appaiono vicine, ma per il quale molto gli debbo, per avermi lui introdotto e sostenuto nei passi: quello degli studi angelani. Gli studi di don Mario sul contesto storico di Angela da Foligno e gli elementi che ne illuminano la vicenda umana e spirituale furono per me un riferimento importante per le sparse riflessioni che ho avuto modo di pubblicare sul retroterra biblico del Liber della santa. E attorno alla Magistra theologorum si intessono amicizie, favorite da don Mario, che attraversano il tempo e si proiettano nell’eternità; da lì il Vescovo Giovanni Benedetti e Mons. Mario Sensi sono presenti nella mia vita, come sono certo anche in quelle del Card. Fortunato Frezza e di tanti altri amici.
Giuseppe card. Betori
Arcivescovo emerito di Firenze